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By Paolo Taranto (raptorbiol@tiscali.it)
Per
apprezzare correttamente i falconi e la falconeria e
per lavorare con gli uccelli in modo intelligente, è
necessario possedere alcune nozioni di base sulla
biologia della predazione e sui fattori evolutivi
che hanno formato la natura dei predatori più
elevati.
Vi è la tendenza generale, da parte di chi non è
correttamente informato, a classificare tutti i
carnivori, siano essi Rettili, Uccelli o Mammiferi
come esseri pericolosi e aggressivi; è difficile
capire perché una tale idea abbia così tanta
diffusione anche tra le persone di un certo livello
culturale; bisognerebbe intanto fare una piccola
riflessione sugli animali casalinghi che tutti
conosciamo come il gatto ed il cane, presenti quasi
in tutte le case e coccolati dai padroni: sono
anch’essi indiscutibilmente dei predatori! La natura
tranquilla e affettuosa di questi animali verso i
loro compagni umani è nota eppure il gattino dolce
che fa le fusa o che sta appisolato sul cuscino ha
una duplice personalità e può essere un “crudele”
predatore di topi e uccelli; e così anche il cane
che gioca con i bambini può essere un esperto e
sanguinario cacciatore in branco in grado di
abbattere animali molto più grandi di lui. Con
questi animali familiari e domestici, questi modelli
di comportamento complessi sono luoghi comuni al
punto da essere dati per scontato; quello che invece
non è ancora ben chiaro a molti è che queste stesse
abitudini predatorie si sono sviluppate in quasi
tutti gli animali predatori di un certo livello; si
può infatti facilmente dimostrare che questa doppia
natura, questa combinazione contraddittoria tra
gentilezza e ferocia è assolutamente la norma ed è
essenziale alla sopravvivenza di quasi tutte le
specie.
Negli animali carnivori primitivi, fino al livello
dei Rettili, la ferocia totale è biologicamente
tollerabile, anche se pure in questi animali vi è un
breve periodo nel loro ciclo vitale durante il
corteggiamento e l’accoppiamento durante il quale
essi tollerano la stretta vicinanza di esemplari
della loro stessa specie. In genere le specie nelle
quali una volta schiuse le uova i piccoli non
richiedono cure o attenzioni da parte dei genitori,
la natura del predatore può essere totalmente feroce
e pericolosa. Ma nelle specie che devono invece
prendersi cura della prole, c’è l’esigenza di
sviluppare altre caratteristiche, tra cui un calo
nella ferocia predatoria associato alla cura dei
piccoli, momento nel quale, tale ferocia, che nei
predatori del primo tipo, quelli meno evoluti, può
portare all’uccisione della loro stessa prole per
nutrimento, non ha invece ragione biologica per
esistere.
Correlato allo sviluppo accennato sopra e legato ad
esso, vi è un sorprendente aumento dell'intelligenza
di base dell’animale, associato con una
corrispondente complessità di comportamento. Gli
adulti dei predatori più elevati, sia uccelli che
mammiferi, sono riusciti a sviluppare una certa
efficienza nell'assicurarsi il cibo, che spesso
lascia loro molto tempo da dedicare a se stessi,
soprattutto durante il periodo dell'anno nel quale
non devono occuparsi dei piccoli. Le creature di
alta energia e intelligenza sviluppano una notevole
serie di attività che non sono strettamente legati
ai modelli di comportamento basilare connessi alla
nutrizione e alla riproduzione. Con i mammiferi
molte di queste attività sono note e sono le diverse
forme di gioco, le risse e lotte con altri ammali
della loro specie e la caccia. Gli uccelli rapaci
mostrano uno sviluppo ugualmente alto in questa
direzione e sono state riferite molte attività di
gioco sia nei rapaci diurni che nei notturni, ma è
in questi ultimi che il gioco arriva ai massimi
livelli tra gli uccelli: mentre i rapaci diurni
giocano (interagendo tra loro o nei “giochi di
predazione”) solo fino a un paio di mesi dopo
l’involo, invece i rapaci notturni possono
continuare a giocare anche da adulti. Sono stati
osservati dei Pellegrini giocare con una piuma in
aria, lasciarla andare e riprenderla diverse volte;
oppure afferrano dei rami e delle pigne dalla cima
degli alberi alti. Una volta è stato osservato un
Pellegrino cacciare un coyote. Beebe ci racconta
anche che sono stati visti dei Falchi della Prateria
giocare con un escremento di mucca secco, colpendolo
e portandolo in giro in un attacco scherzoso. Tutti
i falchi più veloci si divertono a superare in volo
e molestare i grandi uccelli che volano lentamente.
Gli Smerigli giocano con le cornacchie facendo dei
finti attacchi. I corvi spesso confrontano la loro
abilità di volo con i Pellegrini o con le aquile in
un gioco confuso in alto nell'aria.
Questi sono quindi gli aspetti non di caccia della
maggior parte dei predatori più evoluti. Negli
uccelli da preda, questo sviluppo in verità non è
così avanzato come in certi mammiferi carnivori,
specialmente quelli che hanno sviluppato un certo
grado di comportamento sociale. I rapaci diurni
comunque, diventano molto docili; mostrano sicure
reazioni di aver riconosciuto certi individui e un
particolare tipo di attaccamento al loro
addestratore, accoppiato ad un forte attaccamento al
territorio "di casa". Non sviluppano mai
un'affezione servile per la compagnia umana che è
invece così caratteristica del cane; la natura non
sociale della loro evoluzione lo impedisce, così
come impedisce a chiunque di addestrare questi
uccelli con l'uso della forza, del dolore o della
minaccia di forza. Essi mostrano piuttosto ciò che i
falconieri scelgono di interpretare come
"dignitosa" affezione per il loro addestratore, un
distaccato disinteresse nei confronti di altre
persone familiari, cani o oggetti, e diffidenza e
timidezza verso chiunque e qualunque cosa sia
estraneo.
Adesso, fatta questa sintetica introduzione,
possiamo ritornare a parlare della predazione e dei
nostri “affettuosi” animali domestici, il cane ed il
gatto: ciò che li accomuna e che ne dimostra le
attitudini predatorie come tutti gli altri
“predatori selvaggi” è il fatto che essi
indipendentemente da quanto abbiano mangiato, amano
decisamente cacciare e, se sarà data loro la
possibilità di farlo, cacceranno ed uccideranno per
ragioni che naturalmente non hanno nulla a che fare
con la fame. Vari studi hanno dimostrato che
l’eccitazione per la caccia e quindi per l’uccisione
è stimolata da alcuni fattori input, variabili da
predatori a predatori: per esempio l’odore, la vista
di alcune cose e non altre, i movimenti etc.
Inoltre, Beebe ci conferma che il predatore
impegnato a uccidere una preda non per fame, non
opera in maniera “feroce”, non uccide nella furia
del combattimento, ma piuttosto con uno spirito di
fine eccitazione; questa gioia nella caccia, così
facilmente osservabile nel cane e nel gatto, è
caratteristica di tutti i predatori più elevati,
compresi i rapaci.
Molto probabilmente, la ragione di questo desiderio
e volontà di catturare e uccidere prede oltre i loro
bisogni, si collega alla cura della prole, perché i
genitori di tutti i predatori più elevati devono
cacciare e uccidere più dei loro bisogni
indipendentemente dalla loro fame, per nutrire la
prole. Questo modello, una volta sviluppatosi, non
si arresta con la cessazione delle responsabilità
familiari.
Questo modello quindi è la base fondamentale della
falconeria e della caccia con i rapaci addestrati:
l’addestramento di tutti i migliori rapaci da
falconeria si basa più sullo stimolo della loro
voglia di volare e di cacciare che sulla fame!!!
Come un gatto domestico, in modo naturale e senza
alcuna istruzione da parte dei genitori, inizierà a
cacciare topi e piccoli uccelli anche quando non ha
fame, così anche la maggior parte degli altri
predatori evoluti, tra cui i rapaci, tenderà a
concentrare questo istinto predatorio e di uccisione
su una gamma di specie relativamente stretta ed essi
uccideranno queste specie come prede “naturali”
quasi ad ogni occasione che gli si presenterà.
Quanto appena detto riassume praticamente la vera
natura della predazione: i predatori affamati
cacciano, cioè cercano attivamente le creature delle
quali sono abituati a nutrirsi ogni volta che hanno
fame; il predatore molto affamato sprecherà molta
energia nel tentativo di uccidere una preda
“naturale” e, se fallirà, potrà attaccare qualche
altra specie preda che normalmente non viene
attaccata: per questo i predatori che muoiono di
fame possono diventare veramente feroci e pronti ad
attaccare per uccidere qualsiasi essere vivente,
anche se questo potrebbe essere a sua volta in grado
di ucciderli o ferirli gravemente.
La fame quindi è l’elemento che guida il predatore a
sforzarsi al massimo; ma i predatori cercano di
sfruttare al meglio tutte le occasioni possibili che
possono capitare loro per tenersi in buone
condizioni fisiche e ben alimentati senza sforzarsi
al massimo e senza disperarsi o rischiare con prede
sovradimensionate e non “naturali”. I predatori non
sempre uccidono a piacimento in qualunque modo,
qualunque preda, anzi, generalmente avviene sempre
l’opposto! Vi è un altissimo grado di selettività
nel loro comportamento di caccia. I predatori
infatti di solito selezionano le prede per loro più
facili, che corrispondono quasi sempre ad individui
malati, più deboli, malformati etc. Essi dunque
operano una “selezione naturale” e, anzi, ne sono il
cuore! I predatori sono tra i principali artefici,
se non i primari, della selezione naturale
Darwiniana. Sebbene in modo un po’ più artificiale
anche la caccia con i rapaci da falconeria è una
continuazione di questo processo di selezione: non è
infatti il falconiere che seleziona la preda ma il
rapace, nella maggioranza dei casi! Spesso succede
infatti che il falconiere si chieda come mai quel
suo falco, così esperto, così perfetto, così
micidiale e così bene allenato, abbia mancato una
preda, non sia riuscito a catturarla o addirittura
non abbia neanche tentato l’attacco: la risposta sta
nel concetto espresso in precedenza, la
“selettività” dei predatori e la selezione naturale:
se il falco perfetto lanciato dal falconiere non è
riuscito a catturare la preda pur avendoci provato
con tutte le sue forze è perché esso ha attaccato
l’unica preda che il falconiere ha fatto involare ma
era una preda perfettamente sana ed esperta, matura
e in grado di attuare le adeguate strategie
antipredatorie, in salute e quindi velocissima ed
agilissima; il falco in questo caso ha attaccato una
preda che in natura non avrebbe mai attaccato e
infatti non ha avuto successo. Se invece il falco
perfetto lanciato dal falconiere non ha neanche
tentato portare avanti un attacco alla preda ciò
molto probabilmente è stato dovuto al fatto che il
falco stesso ha riconosciuto quella preda troppo
difficile.
I predatori possiedono una specie di “sesto senso”
che permette loro di “vedere” delle caratteristiche
delle prede, invisibili all’occhio umano: il
predatore riesce a distinguere anche a centinaia di
metri di distanza se una preda può essere potenziale
o difficile da catturare, essi riescono a percepire
se quella preda è malata, ferita, malformata,
debole, inesperta oppure no e quindi decidono se
attaccare o meno.
Questo si verifica anche in falconeria soprattutto
quando durante l’azione di caccia il rapace ha la
possibilità di scegliere una preda: si pensi alla
caccia alle anatre con il Falco pellegrino, durante
la quale mentre il falco si trova in alto volo di
ricerca centrato ad altezza di caccia sul
falconiere, quest’ultimo fa involare delle anatre da
un canale; il falco sceglierà di attaccare una
determinata anatra e non un’altra grazie al suo
“sesto senso”; esso analizzerà uno ad uno gli
individui che si sono involati e tra essi
individuerà quello più adatto ad essere attaccato;
su un branco di anatre per esempio sceglierà quello
che è rimasto più indietro dal gruppo per esempio.
Il concetto importante è che, a differenza della
caccia col fucile, la falconeria mantiene la
selezione naturale, sebbene in maniera leggermente
artificiale.
Legato all’istinto della caccia vi è l’istinto ad
uccidere. Nei predatori primitivi, come si è detto,
l’atto di uccidere e di mangiare sono collegati, e
avvengono spesso simultaneamente. Nei predatori
superiori invece le due azioni diventano meno
strettamente associate e addirittura, a volte, esse
sono del tutto separate. Per fare un esempio, queste
due azioni sono staccate soprattutto quando il
predatore deve nutrire la prole: esso caccia e
uccide non per fame ma per istinto materno/paterno
di allevamento della prole. Altro esempio è quello
delle dispense alimentari: ho avuto personalmente
modo di osservare per anni il comportamento dei
Falchi pellegrini in natura, e ho notato quanto sia
comune tra questi predatori l’uso delle dispense
alimentari, soprattutto nel periodo riproduttivo ma
anche nel resto dell’anno; il Pellegrino uccide
tutte le prede che ritiene facili da catturare
(prede sub-standard: uccelli malati, feriti,
malformati, deboli, giovani etc.) anche se non ha
fame e le trasporta, immagazzinandole, in una
nicchia di solito vicina al nido, sulla parete
rocciosa, utilizzandole per alimentarsi quando ne ha
bisogno; questo indica e conferma che il Pellegrino
può cacciare anche se non è affamato e anche se non
deve allevare la prole.
Tutti i predatori superiori amano cacciare e ancor
più amano l’eccitazione associata all’esperienza
della caccia e dell’uccisione di una preda, è una
cosa naturale, istintiva, scritta nel loro DNA. Se
un predatore ne ha l’opportunità, una volta
eccitato, esso ucciderà ripetutamente in una sorta
di “insaziabile desiderio di sangue” e gli esempi in
questo caso sono molteplici: le faine, i visoni, le
donnole e i furetti sono i più noti in questo
comportamento che è comune a moltissimi altri
predatori (per esempio un branco di lupi che
aggredisce un branco di pecore) e tra i rapaci
stessi (Sparvieri che hanno ucciso sia in natura che
in falconeria ripetutamente fino a oltre 10 prede
nel giro di poche ore, Pellegrini che hanno
catturato e ucciso fino a 5 anatre in una sola
battuta di caccia etc.).
Ed infatti, uno dei problemi più difficili della
falconeria sorge proprio da questa brama di uccidere
da parte dei rapaci, brama che è indipendente dalla
fame: se l’atto della caccia e dell’uccisione fosse
collegato strettamente alla fame e alla nutrizione,
i rapaci potrebbero essere controllati molto più
facilmente di quanto non avvenga in realtà! Il fatto
è che un rapace da falconeria una volta introdotto
alla caccia, dopo aver compiuto alcune uccisioni,
trova questa esperienza così gratificante ed
eccitante che inizierà a predare e cacciare a
prescindere dall’esigenza della nutrizione e diventa
un comportamento fine a se stesso, attuato solo in
base al suo istinto. Dunque questo scollegamento tra
istinto predatorio e fame rappresenta un’arma a
doppio taglio per i falconieri: da un lato il rapace
è più difficile da controllare, dall’altro lato,
come detto in precedenza, si può sfruttare questa
separazione tra i due comportamenti per tenere un
rapace perfettamente allenato e muscolato e portarlo
a caccia senza esagerare con il controllo del peso e
della fame.
Difese antipredatorie delle prede
Prima di chiudere questo paragrafo sulla biologia
della predazione bisogna affrontare ancora un
ulteriore argomento: la difesa delle prede. Tutte le
specie abituate ad essere tipiche prede dei
predatori hanno evoluto in milioni di anni delle
adeguate strategie anti-predatorie per difendersi.
Anche molte tra le tipiche prede del falconiere
possiedono queste strategie: è dunque fondamentale
che sia il rapace da falconeria sia il falconiere
conoscano tali strategie ed operino al fine di
superarle. Nel caso particolare dei rapaci
addestrati per loro risulta fondamentale
l’esperienza al fine di apprendere quali strategie
di difesa antipredatoria usano le prede e come
aggirarle.
Questo manuale sintetico non permette di dilungarsi
a descrivere nei dettagli tutte le strategie delle
prede e le relative strategie del falconiere per
catturarle. Ci limiteremo a dare semplicemente
alcuni esempi ed una breve sintesi di questo
importantissimo argomento.
Specie preda
|
Tecnica anti-predatoria |
Piccione |
Anatomia alare simile al Pellegrino, volo
veloce e agile. Volo in gruppo con altri
conspecifici per distrarre il predatore.
Ricerca di un rifugio su anfratti ed
edifici. Piumaggio facilmente staccabile, se
“afferrato” |
Anatidi |
Volo molto veloce. Si nascondono subito in
acqua o tra la vegetazione. Se sono sul
terreno si schiacciano al suolo,
nascondendosi e restando riluttanti ad
involarsi. |
Storni |
Si muovono in stormi a volte numerosissimi;
con volo sincronizzato sembrano un solo
unico individuo che spesso “si lancia”
direttamente contro il predatore,
allontanandolo |
Rondone |
Volo velocissimo ed estremamente agile. |
Galliformi (starna, pernice, fagiano ecc.) |
Si schiacciano sul terreno “congelandosi”;
sono riluttanti ad involarsi, preferiscono
muoversi a piedi tra la vegetazione per
sfuggire al predatore. |
Tab. 4.0.a: Tecniche anti-predatorie delle
principali specie di preda del Pellegrino. |
Una delle tecniche anti-predatorie
più comuni e probabilmente più efficaci adottata
dagli uccelli nei confronti dei predatori è quella
di riunirsi in gruppo o in stormi più o meno
numerosi: quando viene attaccato lo stormo serra le
fila e vola in formazione compatta cercando di
restare sempre al di sopra del Falco o fuori dalla
sua rotta; ciò che ne scaturisce è un insieme di
disegni animati in cielo particolarmente
affascinanti, gli uccelli volano con una incredibile
sincronia, formando un unico grande individuo che si
muove sinuoso schiacciandosi nelle zone in cui il
Falco attacca o allargandosi nelle altre zone.
Questa tecnica è usata spessissimo dagli storni ma
anche molti altri uccelli adottano questa tecnica di
difesa anti-predatoria: Piovanelli e altri piccoli
Limicoli, Gabbiani, Rondini di mare, piccioni,
Corvi, Cornacchie e piccoli Passeriformi gregari.
Spesso i Pellegrini seguono questi stormi manovrando
intorno e compiendo picchiate esplorative o finti
attacchi con l’evidente scopo di costringere un
singolo individuo ad uscire dalla formazione
compatta, perché il Pellegrino evita di scagliarsi
direttamente contro la parte compatta dello stormo:
questa è la cosiddetta tecnica dello “Shepherding” o
del “cane da pastore” descritta precedentemente.
Spesso inoltre le prede restano
sempre vigili o, a turno, utilizzano delle
“sentinelle”, che, mentre il resto del gruppo è
distratto da altre attività, restano vigili per
individuare eventuali predatori e comunicare
attraverso apposite grida di allarme a tutto il
resto del gruppo il pericolo incombente.
L’avvicinarsi di un Pellegrino dunque provoca delle
reazioni anti-predatorie associate spesso a grida di
allarme delle prede. Dunque un Pellegrino crea un
notevole scompiglio quando si avvicina, in caccia,
ad un ambiente; è il caso di un Pellegrino che
caccia in una zona umida o in città. Spesse volte mi
è capitato di osservare le reazioni delle varie
prede all’avvicinarsi di un Pellegrino in caccia:
nelle zone umide lo scompiglio è totale, i Limicoli
si involano in folti branchi allo scopo di distrarre
il predatore, sfruttando anche la loro velocità e
agilità, le Anatre, le Folaghe e le Gallinelle
restano in acqua e tentano di raggiungere la
vegetazione per nascondersi, i Cavalieri si involano
lanciando grida di allarme, i piccoli Passeriformi
si nascondono anch’essi nel fitto della vegetazione
e i Fagiani si schiacciano sul suolo congelandosi e
sfruttando il loro mimetismo.
Le prede sanno distinguere
perfettamente la sagoma di un predatore e di
conseguenza reagiscono: anche in questo caso esse
hanno una specie di “sesto senso” che consente loro
di “vedere” delle caratteristiche che il nostro
occhio umano non percepisce nell’identificare un
predatore e, secondo alcuni studi, anche nel capire
quali sono le sue intenzioni (se è un rapace in
caccia o di passaggio per esempio). Questa loro
capacità è molto fine e ciò viene dimostrato per
esempio dai limicoli nelle zone umide: se passa un
gabbiano, che ha la forma delle ali e del corpo
simile al Falco pellegrino, essi sono perfettamente
in grado di distinguerlo e resteranno tranquilli,
mentre se passa un Falco pellegrino essi fuggiranno.
Le reazioni delle prede inoltre
differiscono in base al predatore: una stessa specie
preda può reagire in modi diversi in funzione del
tipo di predatore. Per esempio i Piccioni reagiscono
rifugiandosi tra la vegetazione se arriva un
predatore come il Falco pellegrino, mentre si
alzeranno in volo altissimo se il predatore è un
Accipiter (Astòre o Sparviere).
Le specie invece che normalmente non costituiscono
cibo per i predatori reagiscono al predatore in modo
molto diverso. I gabbiani, i corvi, le cornacchie, i
cormorani, le oche e altre specie grandi è forti di
solito prestano poca attenzione alla presenza di un
falcone, o di un Astòre e anche di un’Aquila: al
limite ne controllano gli spostamenti. Solo quando
un attacco viene realmente compiuto su di loro
mostrano un vero allarme, ma anche allora spesso
sembrano più sorpresi e arrabbiati che spaventati.
Anche quando sono del tutto consapevoli che la
presenza del predatore significa guai, solitamente
mantengono il sangue freddo: non si lasciano
prendere dal panico e di solito riescono a schivare
ripetuti attacchi. Gridano e strillano per chiedere
aiuto da altri della loro specie finché non vengono
effettivamente catturati; e anche allora non cedono
ma continuano a combattere e a chiedere aiuto finché
non sono uccisi, non riescono a liberarsi o non
ottengono aiuto dagli altri. Reagendo in questo
modo, non sorprende che di solito siano prede poco
considerate dai predatori ed infatti, generalmente,
non rientrano tra le “prede naturali”.
Ma queste differenze nelle reazioni ai predatori non
costituiscano l'intero quadro, perché non vi e
uccello più difficile da catturare e, una volta
catturato, più difficile da tenere, di un grande
fagiano maschio eppure, qualunque grande falco da
caccia inseguirà un fagiano con grandissimo
entusiasmo e lo preferirà a qualunque altra preda.
Il sapore gradevole del fagiano è stato suggerito
come una ragione per spiegare questo fatto, ed è
vero che certi esperimenti indicano che i falchi,
avendo la possibilità di scegliere fra un insieme di
uccelli appena uccisi e sistemati davanti a loro,
quali piccioni, cornacchie, anatre, fagiani e
tetraonidi, quasi sempre sceglieranno il fagiano o
il tetraonide.
I Pellegrini che vivono in zone nelle quali
scarseggia selvaggina di qualità migliore, possono
iniziare a nutrirsi in gran parte di gabbiani o
addirittura di cornacchie. Vi è anche l'eccezione
del soggetto di qualsiasi predatore che,
probabilmente per caso, elabora delle tecniche
speciali per catturare e uccidere alcune prede
localmente abbondanti che normalmente non vengono
catturate. Vengono in mente, per esempio, i
"mangiatori di uomini" tra i grandi felini; i rapaci
possono talvolta diventare predatori di polli e
galline domestiche; altri esempi che si possono
citare sono il Gufo reale che inizia a uccidere
moffette o gatti domestici e il Pellegrino che
impara a uccidere i gabbiani reali. Tali soggetti
sono spesso di aspetto rozzo e grossolano, sono
sporchi e con le penne in cattivo stato, sia nelle
ali che, soprattutto, nella coda, a causa di molte
lotte violente. Si sa che tali soggetti nei
mammiferi sono spesso molto vecchi o presentano
imperfezioni fisiche che in certo modo agiscono come
handicap alla velocità o coordinazione necessarie a
catturare le loro prede abituali. Potrebbe essere la
stessa situazione anche nei rapaci.
Nella falconeria, talvolta è vantaggio del
falconiere incoraggiare o addirittura istigare
questi tratti aberranti. Si può far volare il falco
su cornacchie perché verrà aiutato nei momenti più
duri dal tempestivo intervento del falconiere;
inoltre non si nutre della carne poco gradevole di
tale grande preda ma il falconiere gli offre del
cibo migliore. Gli uccelli addestrati possono
perciò, con un po' di incoraggiamento, catturare
prede più grandi e più forti di quelle normalmente
catturate in natura: ben presto apprezzano ciò e si
possono mantenere in perfette condizioni di piume e
di salute senza avere nessuno dei cattivi effetti
che lo stesso comportamento produce sui loro
conspecifici selvatici.
Per un rapace selvatico i vantaggi della cattura di
prede di piccola dimensione supera di gran lunga
l'unico svantaggio rappresentato dal fatto che esse
di regola sono molto più difficili da catturare:
sono di solito più numerose e offrono quindi più
opportunità; non combattono e si possono trasportare
in un posto sicuro per mangiarle; se prese
sull'acqua, possono essere trasportate a riva.
Tutte queste sono considerazioni importanti che
rapidamente fanno si che gli adulti siano molto più
consapevoli dei vantaggi delle piccole prede
rispetto ai rapaci giovani, che, per gioco e per
fare esperienza sono invece più portati ad attaccare
e catturare prede più grosse e combattive. Ciò è di
speciale interesse per il falconiere, soprattutto
come ottimo motivo per preferire un falco giovane
piuttosto che uno adulto quando vuole praticare
determinati tipi di caccia (ai Corvidi, per
esempio). In falconeria, la ragione iniziale per
catturare prede grandi (si catturano più facilmente)
si può facilmente fissare, semplicemente
minimizzando gli svantaggi che incontrerebbero i
rapaci selvatici, in modo da condizionare i nostri
rapaci a catturare solo la selvaggina più grande e a
non prestare la minima attenzione agli uccelli
piccoli.
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