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Ho voluto
coniare il termine "Rapacicoltura" per definire
quella branca delle Zooculture che si occupa
dell'allevamento e riproduzione in cattività delle
specie di rapaci diurni (Accipitriformes e
Falconiformes) e di rapaci notturni (Strigiformes).
La rapacicoltura è una tecnica nuova anche se
affonda le sue radici già negli anni '60 quando
furono ottenuti i primi risultati nella propagazione
in cattività di rapaci in pericolo di estinzione
come il Falco Pellegrino. Purtroppo questa tecnica è
ancora poco diffusa in Italia e a causa di ciò i
prezzi dei rapaci in cattività si mantengono ancora
molto elevati poichè bisogna importarli dall'estero;
fin quando non si raggiungerà un discreto numero di
allevatori che producono rapaci in cattività i
prezzi resteranno sempre molto alti poichè la
domanda supererà sempre l'offerta. Allevare i rapaci
in cattività è di per sè non così semplice come
allevare un canarino o un gatto, e,ovviamente, la
loro riproduzione sarà piuttosto difficile a
confronto con altre specie ben più domestiche.
Bisogna però dire che se si possiede la necessaria
base tecnica, le necessarie esperienze, sarà
possibile riprodurre in cattività qualsiasi specie
di rapace, anche con risultati molto redditizi; si
pensi per esempio al fatto che da una buona femmina
di Falco pellegrino si possono ottenere anche 16 o
più uova fertili all'anno e se si moltiplica questo
numero per il valore commerciale "standard" del
Pellegrino non sarà difficile capire che si potrà
anche avere, per chi fosse interessato a ciò, una
notevole entrata economica con abbondante recupero
delle spese di mantenimento degli animali e delle
spese per il loro acquisto. Senza alcun dubbio vi
sono delle specie molto più semplici da riprodurre e
delle specie più complesse, ciò dipenderà sia dalla
dimensione della specie in questione sia da altri
fattori (più o meno conosciuti a noi umani) che ne
renderanno semplice, difficile o impossibile la
propagazione in cattività.
Il termine “rapacicoltura” dunque indica tutto
l’insieme delle tecniche atte all’ allevamento ed
alla riproduzione in cattività delle specie
appartenenti a due particolari ordini della classe
degli Uccelli: Falconiformi e Strigiformi, che
vengono appunto comunemente identificati come rapaci
(“raptors”) in funzione delle loro particolari
abitudini alimentari. L’evoluzione ha fornito questo
gruppo di uccelli degli “strumenti” necessari
(potenti ed affilati artigli e becchi) ad effettuare
una caccia attiva (e non solo, per esempio gli
avvoltoi) ad altri Vertebrati (Anfibi, Rettili,
Uccelli, Mammiferi) e grossi Invertebrati (Insetti,
Anellidi ecc.), e proprio questi adattamenti
nutrizionali pongono i rapaci in cima alle catene
alimentari nei vari ecosistemi terrestri. A causa di
questa loro particolare posizione di vertice i
rapaci sono estremamente sensibili al disturbo
ambientale provocato dalla specie umana. Molte delle
specie appartenenti ai tre ordini suddetti sono oggi
in pericolo di estinzione e la rapacicoltura è,
assieme alle tecniche veterinarie, alla
riabilitazione, alla falconeria e all’ ornitologia
applicata, uno dei principali strumenti per il
management e la protezione delle popolazioni
selvatiche.
I primi sforzi di riprodurre in cattività gli
uccelli da preda, e quindi la data di nascita della
rapacicoltura, possono essere fatti risalire ai
primi anni quaranta ad opera di falconieri ed
allevatori privati che ottennero i primi consistenti
ed incoraggianti risultati con il Gheppio europeo (Falco
tinnunculus) e con il Gheppio americano (Falco
sparverius), oggi le specie di uccelli da
preda
più facili da riprodurre in cattività. In
particolare la prima nascita di un Falco pellegrino
(Falco peregrinus peregrinus) allo stato
captivo si ebbe nel 1942 in Germania e fu seguita da
successive nascite nel 1967 in Germania ed in
Inghilterra. A partire dai primi anni settanta un
po’ in tutto il mondo si assistette alla nascita di
centri di recupero rapaci, centri di studio e
ricerca oltre che di riproduzione in cattività e si
ebbe un incremento di interesse da parte di
ornitologi e naturalisti alla protezione degli
uccelli da preda; ciò anche in seguito alla presa di
coscienza dell’immane danno arrecato dai composti
organoclorinici (DDT) alle popolazioni selvatiche.
Nel 1982 già 17 specie di Falconiformi e numerose
altre specie di Accipitriformi e di Strigiformi
venivano riprodotte in cattività con soddisfacenti
risultati.
Oggi la situazione è notevolmente migliorata e le
tecniche e le attrezzature avanzate di cui dispone
la rapacicoltura consentono l’ottenimento di
eccellenti risultati. In tutto il globo fioriscono i
centri di recupero, di studio, e di riproduzione in
cattività oltre che le manifestazioni e le
dimostrazioni di volo per la sensibilizzazione del
pubblico (anch’essa un importante strumento di
management). In cima alla classifica ci sono il Nord
America ( con il Peregrine Fund, la Raptor Research
Fundation, il Birds of Prey Center dell’università
del Minnesota, la North American Falconer’s
Association, il Canadian Wildlife Research Center
ecc.), l’Inghilterra (con il National Birds of Prey
Center, il Welsh Hawking Center, il British
Falconer’s Club, ecc.) e la Germania. Mentre la
situazione italiana non è delle migliori: pochi
centri di ricerca e di riproduzione in cattività,
pochi sforzi, pochi allevatori e riproduttori
privati. Ma io sono del parere che, anche grazie a
queste pagine e con una adeguata divulgazione, si
possa dare un input a tutti gli ornicultori
italiani a diventare degli esperti rapacicultori.
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