Come tutte le discipline orniculturistiche, anche le
tecniche utilizzate nella rapacicultura seguono il
classico schema organizzativo, in base alla specie
in questione, di seguito illustrato:
-ALLOGGI
(HOUSING): locali di allevamento,
pertiche, nidi, mangiatoie, ambiente, clima ecc.
-ALIMENTAZIONE (FEEDING): tipi,
qualità e quantità dei cibi.
-RIPRODUZIONE (BREEDING): tecniche di
propagazione, scelta dei riproduttori, uova, cova,
allevamento dei pulcini, ecc.
-GESTIONE GENERALE E MANAGEMENT PERIODICO (GENERAL
HUSBANDRY):
igiene, aspetti veterinari, tecniche specifiche di
addestramento, riabilitazione, selezione genetica
ecc.
Quelli sopra elencati sono i principali punti da
considerare quando si vuole gestire un programma di
allevamento e riproduzione in cattività di una
qualsiasi specie animale.
Ma prima di procedere ritengo sia opportuno
chiarire altri due importanti concetti, spesso
sottovalutati e trascurati: si tratta del concetto
di “tipo” di allevamento (cioè obiettivo che si
vuole raggiungere) e “tipologia” di animale allevato
(nel nostro caso di rapace).
Infatti, se è razionale dire che le tecniche e le
attrezzature da utilizzare per l’allevamento e la
riproduzione in cattività variano da specie a specie
(se non addirittura da una sottospecie ad un’ altra
o da un ceppo ad un altro) e ciò è noto alla maggior
parte degli allevatori (per i canarini useremo
alloggi, cibi, tecniche propagative e di gestione
diverse da quelle usate per i pappagallini
ondulati), meno considerato invece è il fatto che
tali tecniche varieranno anche in funzione sia del
“tipo” di allevamento, sia della “tipologia” di
animale allevato. Allora, anche nel caso della
rapacicoltura, sarà necessario elencare quali “tipi”
di allevamento si possono praticare e quali
“tipologie”possono essere classificate all’interno
della stessa specie di rapace.
Per quanto concerne la classificazione degli
allevamenti si ha:
1)
ALLEVAMENTO A SCOPO DI REINTRODUZIONE IN NATURA:
Raggruppa le tecniche usate al fine di gestire,
prima della eventuale successiva reintroduzione in
natura, i rapaci feriti o traumatizzati (in maniera
reversibile o irreversibile), pervenuti ai centri di
recupero, o al fine di portare avanti programmi di
ripopolamento con rapaci nati da ceppi in cattività.
Nel primo caso non verranno utilizzate tecniche di
propagazione, ma nel secondo caso si tenterà di
ottenere le maggiori performance riproduttive,
mentre nei casi intermedi si manterranno livelli di
produzione medi (allevamenti a scopo conservativo:
banche genetiche). In ogni caso però si cercherà di
mantenere il pool genico ed il comportamento
originari (cioè selvatici) dei rapaci in questione.
A tale scopo si useranno alloggi estremamente
spaziosi, isolati dalle attività umane e che
riproducano nel modo migliore possibile l’habitat e
la nicchia ecologica naturale della specie in
questione, in modo da metterla più a suo agio.
Mentre per quanto riguarda gli uccelli, di
qualsiasi specie essi siano, è importante che il
loro genoma (e quindi il loro adattamento genetico)
sia e rimanga puro, cioè essi dovranno provenire
direttamente dalla vita selvatica o dalla vita in
cattività purché da poche generazioni.
2)
ALLEVAMENTO PER FALCONERIA A SCOPO PERSONALE:
In questo caso il falconiere decide di produrre esso
stesso i rapaci di cui ha bisogno per praticare la
falconeria. Generalmente questo tipo di allevamento
è costituito da una o poche coppie della o delle
specie usate dal falconiere; nella gran parte dei
casi il falconiere utilizza a scopo riproduttivo
rapaci che non usa più per la falconeria, si tratta
di animali ormai vecchi o che hanno subito qualche
danno o trauma durante l’uso in falconeria e che non
sono più adatti al volo o che, semplicemente, sono
stati sostituiti da individui migliori. Questo tipo
di allevamento in genere è semplice, il falconiere
usa voliere di dimensione medio-piccola, poiché per
le coppie si utilizzano rapaci già abituati a
piccoli spazi; inoltre si usano tecniche naturali di
riproduzione, di cova e di allevamento per motivi di
tempo (le tecniche artificiali aumentano la
produttività ma richiedono molto più tempo e
impegno).
3)
ALLEVAMENTO COMMERCIALE:
Si tratta nella maggior parte dei casi di
allevamenti di rapaci di grosse dimensioni,
costituiti da un elevato numero di coppie (da 5 a
20-30 o più) di diverse specie, soprattutto di
quelle specie che rendono di più nel mercato (le più
ricercate e/o le più costose: falco pellegrino,
lanario, sacro, girfalco, ibridi, aquile etc.).
L’allevamento è impostato in modo tale da ottenere
la maggior produttività possibile dai rapaci, si
usano le tecniche di doppia covata e egg-pulling, le
tecniche di inseminazione artificiale, incubazione
artificiale e allevamento artificiale dei pulli:
tutto è finalizzato alla produttività massima.
Alcuni allevamenti commerciali (molto rari
purtroppo) cercano di mantenere anche una elevata
qualità dei rapaci prodotti, selezionando
adeguatamente i riproduttori, adoperando tecniche
anti-imprinting e spesso occupandosi anche dell’Hacking
dei giovani prodotti e/o del loro addestramento
prima di venderli all’acquirente finale.
4)
ALLEVAMENTO A SCOPO SCIENTIFICO:
Si tratta di allevamenti finalizzati
alla conservazione genetica di pool genici
selvatici, da utilizzare eventualmente per progetti
di reintroduzione oppure finalizzati alla ricerca
scientifica su rapaci in cattività (fisiologia,
bioenergetica, etologia, tecnologie riproduttive,
endocrinologia etc.). Nel primo caso (banche
genetiche) i rapaci non vengono sforzati, li si fa
riprodurre in maniera naturale e spesso per problemi
di spazi/costi si tenta anche di ridurre la loro
produttività ma si fa in modo di potere ottenere la
massima produttività qualora questi rapaci
servissero per un progetto di reintroduzione. Nel
secondo caso i rapaci utilizzati appartengono spesso
ad una singola specie (Gheppio americano per i
diurni o Civetta comune per i notturni)
particolarmente adatta agli studi in cattività;
vengono allevati in voliere piccole a batteria con
tecniche sia naturali che artificiali.
5)
ALLEVAMENTO HOBBISTICO:
Si parla di allevamento hobbistico quando la
riproduzione in cattività è fine a se stessa; in
questo caso l’allevatore è un semplice appassionato
che ha semplicemente piacere di allevare i rapaci e
riprodurli in cattività. Raramente si usano tecniche
di riproduzione artificiale in questo genere di
allevamento, e le specie più utilizzate sono quelle
che garantiscono i migliori risultati di
riproduzione con poco spazio/impegno/difficoltà,
come ad esempio il Gheppio comune (Falco
tinnunculus) o il
Barbagianni (Tyto alba).
Fig. 2: Giovani Barbagianni (Tyto alba)
nati in cattività. |
Fig. 3: Coppia di Gheppi (Falco
tinnunculus) in voliera.
|
Per quanto riguarda la “tipologia” di rapace,
partiamo da un esempio che ci farà riflettere:
quanto saranno diverse le tecniche di allevamento
nel caso di un Falco peregrinus peregrinus nato in
cattività da 12 generazioni, imprintato sull’uomo ed
addestrato, di un pellegrino della stessa
sottospecie, ma prelevato ancora allo stadio di uovo
da un nido in natura ed allevato in cattività da
genitori adottivi della sua stessa specie senza
nessun contatto con l’uomo, e di un pellegrino
anch’esso della stessa sottospecie ma traumatizzato
permanentemente ad un’ala dell’età di 3 anni, tutti
allevati per un programma di studio biologico con
obiettivo di riproduzione di medio livello? Per
rispondere a questa domanda bisogna considerare i
seguenti fattori:
A) Provenienza dalla vita selvatica o
domestica (wild type o captive type):
ha influenza soprattutto sull’adattamento genetico
(a lungo termine ed ereditabile) dell’animale alla
vita selvatica o a quella domestica (importante è
in tal caso il numero di generazioni nate in
cattività da cui proviene l’animale, poiché esso
influenza a lungo termine i geni e di conseguenza
l’adattamento alla vita in cattività). Rapaci nati
in cattività vi vivranno meglio senza stressarsi (si
sa che lo stress da adrenalina inibisce la
produzione degli ormoni sessuali, fondamentali per
la riproduzione) e forniranno perciò delle
performances riproduttive migliori (anche perché
sono imprintati sull’ambiente e la vita domestica).
B)
Età: influenza il maggiore o minore adattamento (a
breve termine) alla vita domestica, ed è importante
soprattutto se il rapace proviene dalla vita
selvatica. I giovani sono più sensibili e apprendono
più in fretta, dunque adattandosi meglio a nuovi
ambienti e modi di vita.
C)
Addestramento e/o imprinting:
influenza il rapporto con l’allevatore, con
l’ambiente, con gli altri esemplari della specie e
con la vita in cattività in maniera più o meno
irreversibile ma non ereditaria.
D)
Genetica:
ha influenza su vari aspetti somatici e/o
psicologici (comportamentali) in maniera
irreversibile ed ereditaria. Dipende fortemente
dalla provenienza dell’animale e dall’eventuale
selezione genetica fatta su di esso oltre che dal
numero di generazioni nate in cattività da cui esso
proviene.
E)
Traumi:
Ovviamente un rapace non traumatizzato offrirà
migliori performances riproduttive in cattività.
Questo fattore è fortemente legato all’età ed alla
provenienza dell’animale oltre che al suo pool
genico (questi rapaci per la maggior parte
proverranno dalla vita selvatica e se non
rilasciabili cioè irrecuperabili possono essere
usati per progetti di conservazione genetica oppure,
se riprodotti con le adeguate tecniche, come
capostipiti di ceppi in cattività idonei a progetti
di reintroduzione).
Traiamo ora delle conclusioni:
- Bisogna ricordare che deve essere considerato
prima il “tipo” (e dunque lo scopo)
dell’allevamento e, in funzione di esso, la
“tipologia” di rapace da utilizzare, e non
viceversa.
-
La classificazione dei tipi di allevamento
serve anche a rispondere alla domanda: perché viene
praticata e perché è così importante la
rapacicoltura?
-
La rapacicoltura può essere considerata come
un’altra branca dell’ornicoltura (alla stregua della
canaricoltura): in fondo non è così impegnativa come
molti pensano, e basta avere le tecniche necessarie
ed allevare la giusta “tipologia” e la giusta specie
di rapace; indubbiamente l’allevamento di una coppia
di aquile reali sarà molto complesso anche per i
rapacicultori più esperti, ma l’allevamento di una
coppia di Gheppi comuni (Falco tinnunculus) o
di Barbagianni (Tyto alba) nati in cattività
da molte generazioni (e dunque ben adattati alla
vita domestica) sarà poco impegnativo, molto
redditizio e soprattutto piacevole oltre che utile
(a questo proposito mi piace citare una frase di Tom
Cade: “Con la riproduzione in cattività dei rapaci,
nessuna specie di falcone deve ormai
estinguersi”).
-
Bisogna infine ricordare che, se il
falconiere è obbligatoriamente legato alla
rapacicoltura, non varrà l’inverso (senza nulla
togliere alla falconeria).
Riassumendo quanto precedentemente detto, la
combinazione dei fattori relativi agli alloggi,
all’alimentazione, alle tecniche di propagazione ed
al management generale varia in funzione del “tipo”
di allevamento e della “tipologia” di rapace
coinvolta, oltre che della sua specie e tipo,
tipologia e specie di rapace dipenderanno dagli
obiettivi che ci si è prefissi di raggiungere
(falconeria, reintroduzione, allevamento amatoriale,
ecc.).
Il punto di partenza, quando si intraprende un
progetto di allevamento, è quello di considerare
gli obiettivi che si vogliono raggiungere e la
specie da allevare; in funzione di essi si adopererà
la giusta combinazione delle tecniche di alloggio,
di alimentazione, ecc.
Nelle successive pagine verranno illustrate le linee
generali da seguire per gestire un allevamento di
“tipo” 3 (amatoriale), punto di partenza prima di
occuparsi di tipi più complessi (per esempio
allevamento commerciale). Lo scopo è quello di
trasformare i lettori in potenziali rapacicultori e
la speranza quella che presto si diffonda anche in
Italia un maggiore interesse verso la rapacicoltura
e i rapaci in generale.
CONCETTI DI BASE PER LA GESTIONE DI UN
PROGRAMMA DI ALLEVAMENTO
|
A |
Basare tutto il programma sulle proprie
possibilità (di tempo, di spazio, di soldi) |
B |
|
C |
|
D |
|
E |
|
F |
Reperire il/i rapace/i
|
G |
Gestire l’allevamento ( alimentazione,
riproduzione, management generale) |
Poiché abbiamo già detto che in queste pagine ci
occuperemo dell’allevamento amatoriale, non è
necessario considerare il passo A della precedente
tabella. La scelta della “tipologia” di rapace da
usare avverrà di conseguenza: per questo tipo di
allevamento useremo infatti esemplari già abituati
alla vita domestica (perché nati in cattività da
almeno due o più generazioni). La scelta della
specie e del numero di individui è invece una
opzione dell’allevatore: guidata dai suoi gusti ma
anche dalle sue disponibilità, anche se, per
iniziare, ci sono delle specie più consigliate di
altri, come verrà spiegato successivamente.
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